RAPPORTO ECONOMICO MEDITERRANEO, LA VERA TRANSIZIONE AMBIENTALE ECOSISTEMICA ECOLOGICA PARTIRÀ DALLE AREE NAZIONALI PRODUTTIVO-TURISTICHE PIU A RISCHIO

di Giampietro Comolli 

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Un mondo agricolo sociale vulnerabile e fragile, risorsa naturale esistente da ottimizzare e rendere profittevole e valore aggiunto del PIL con la transizione digitale-lavorativa-salvaguardia

Il recente dato Istat sulla popolazione occupata e il report sulla distribuzione delle forze lavoro e della piccole imprese nazionali evidenzia che mediamente che tutte le Regioni italiane hanno una quota territoriale fra il 45 e il 75% oltre i 350 mslm, rappresentando i 2/3 di tutto il territorio nazionale e ½ di tutta la superficie agricola utile coltivabile. A fronte del 5% della popolazione residente fissa oltre i 600 mslm con il 70% di tutto il suolo coperto da boschi cedui e alto fusto, del 25% di tutti i residenti al di sopra dei 350 mslm. Emerge anche come in queste aree ampie-fragili-difficili di collina e montagna si produce una fetta importante della produzione agroalimentare: una evidente biodiversità naturale dettata anche da piccoli appezzamenti, imprese famigliari.

Una vera sostenibilità "di transizione" può partire subito da questi territori sparsi per l'Italia. Piacenza rappresenta un esempio diffuso: i territori svantaggiati sono quelli con maggiori condizioni e risorse ideali per una transizione eco-ambientale voluta anche dalla Europa per ottenere finanziamenti. Nello stesso tempo un investimento strutturale, strumentale e infrastrutturale in aree difficili e sensibili portano vantaggio a tutte le imprese e abitanti a valle. In più una presenza abitativa stabile, produttiva, occupata a sostenere, sviluppare e migliorare la situazione agraria-geopedologica fa solo bene all'Italia. Il settore "primario" può tornare utile a tutti, essere una priorità nel progetto in mano al ministro Cingolani ma non solo. Lo stesso centro studi del CNR-Mediterranean Economies ha presentato il Rapporto sulle Economia Deboli.

In tale analisi socio-economica si parla dei "fattori" che possono o sono determinanti per lo sviluppo progressivo e duraturo delle aree mediterranee difficili, delicate, sensibili e spesso oggetto di abbandono e di abbassamento della guardia in senso strutturale, strumentale, comprendendo anche le Isole Minori con tutte le problematiche connesse. E' evidente che la pandemia ha sicuramente non solo ri-svegliato il tema, ma posto la questione ai primi posti nei Piani di Recupero e Resilienza dei fondi UE disponibili per l'Italia. Non entro nel merito delle cause e delle conseguenze generali ampie e globali socio-economiche-mentali determinate dal Covid 19 perché oramai note a tutti, spero, e con un Piano in allestimento! Mi interessa quanto e cosa la pandemia abbia insegnato a chi ci governa e a chi sta in Parlamento. L'occasione non è quella delle mancette, come detto più volte perché è un sollievo breve e istantaneo visto anche il valore, ma di una visione.

E' indispensabile puntare sul trinomio patrimonio-uomo-vita...un po' più che un semplice modello territoriale-economico. Non c'è bisogno di un ulteriore studio degli effetti di una pandemia che durerà quasi 2 anni di vita per tutti noi, dai bambini agli anziani, ma quale insegnamento lascia la calamità stessa e quali risposte e soluzioni di lungo periodo, fondanti una nuova visione, creando un modello di vita sociale più in linea. Sicuramente il ritorno all'identico passato è non solo impossibile, ma alcuni economisti non lo auspicano perché è urgente prendere coscienza di come la natura e il pianeta può rispondere a certe condizioni. Per questo che anche viabilità, trasporti, mobilità, ambienti, commercio, vacanze, luoghi di lavoro, sanità, cura del territorio e attività di produzione devono entrare in Piano di Revisione Recupero Risorse post-pandemia.

Così per le isole minori italiane (penso a Pantelleria e a Ischia in particolare), certe coste marine, i percorsi fluviali e le foci, le montagne innevate e non abitate tutto l'anno, le colline troppo o troppo poco curate, i pendii di valle e fondovalle (penso a Valtellina o Colli Piacentini), il governo delle acque, il controllo del suolo e sottosuolo...devono avere un piano diretto e collegato con chi abita, lavora, arriva, passa in tutti questi territori delicati e difficili. E' una priorità perché danni, vulnerabilità, abbandoni a monte o in certe aree isolate o marginali possono poi ripercuotersi a valle e nelle aree più urbanizzate creando un problema sopra un altro problema di inquinamento. Abbandono e inquinamento sono legati. Occorre pensare di organizzare anche le piccole economie aperte dando sicurezza e certezze di vita sociale, di assistenza civile, di sanità di comunità e di pronto intervento, di case abitabili, di formazione ed educazione per le giovani generazioni... e anche accoglienza, ricettività, villeggiatura secondo parametri edilizi e urbanistici innovativi e in linea con le nuove esigenze.

Senza dimenticare che sono fondamentali anche tecnologia e digitalizzazione 5.0 in tutte le aree isolate, difficili, vulnerabili perché hanno risorse da saper tutelare, difendere e anche saggiamente governare per le News Generation. Non pendere nella giusta e alta considerazione economica-politica-sociale certi effetti destabilizzanti creati o sosti in aree marginali vuol dire aumentare pericoli e spese enormi per tutta la società. Poniamo ora un pilastro-asset di intervento in una ottica orizzontale del territorio e verticale di azione e misura e lasceremo una vera eredità Green Deal. Occorre studiare un Piano Dedicato che sappia incidere sull'asimmetria creata dalla pandemia e sul gap maggiore fra chi è stato più o meno salvato e chi è stato duramente colpito. Cogliamo l'attimo dei UE Fund per risolvere un grave problema trasversale ambientale sociale che interessa a tutti perché sono i 2/3 dell'intero territorio nazionale (isoleminori, montagna, alta collina) e cerchiamo dal 30% di arrivare in 10 anni al 40% di residenti in queste aree interne difficili con decine di nuove imprese e attività soprattutto con una vera "utilità collettiva ambientale". Questa è vera transizione e non solo slogan partitici.

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