Il vino italiano tra presente e futuro

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L'Italia del vino mette a segno un altro record. Lo dice l'Istat, fissando poco sopra 5,11 miliardi di euro il dato definitivo relativo all'export 2014, contro i 5,04 miliardi del 2013. Tiene anche il dato sulle quantità con oltre 20,54 milioni di ettolitri, contro 20,32 dell'anno precedente, e questo nonostante la difficilissima congiuntura di mercato.

Per capire le dinamiche che hanno portato a questo risultato e quali scenari si prospettino per l'immediato futuro e nel medio periodo, quali siano i Paesi sui quali continuare ad investire e il ruolo della politica negli scambi internazionali, Vinitaly ha intervistato alcuni dei protagonisti del sistema vitivinicolo italiano.

«Il percorso del vino italiano negli ultimi vent'anni ed in particolare il suo importante e crescente successo sui mercati internazionali – ha detto Sandro Boscaini, Presidente Federvini - è frutto di importanti investimenti ed attenzioni che i produttori hanno dedicato all'inizio al vigneto Italia, poi alle cantine ed infine al mercato».

«Adesso la sfida non è soltanto la conquista dei nuovi mercati - ha sostenuto Riccardo Cotarella Presidente Assoenologi - ma anche e soprattutto consolidare le nostre posizioni in quei Paesi che storicamente ci hanno permesso quelle che giustamente, sono state definite performance straordinarie».

Domenico Zonin, Presidente Unione Italiana Vini, ha invece espresso la sua opinione sulle potenzialità dei mercati internazionali: «Il mercato del vino è diventato ormai globale, aprendo le frontiere di tutti i Paesi del mondo. La risposta difficile, invece, è dire su quali mercati puntare. La Cina, che sembrava l'eldorado è diventato un mercato complesso, segmentato, esigente come gli altri».

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«I mercati maturi continuano ad essere per noi italiani lo sbocco più importante – ha continuato Zonin - in termini di volumi e valore, mentre quelli "nuovi" - penso al Sudest Asiatico, all'America del Sud e ad altre aree poco "battute" - aprono prospettive interessanti, anche se contenute in termini numerici.

«Una strategia equilibrata vuole, quindi, il giusto mix tra queste diversi aree obiettivo, calibrato sulle dimensioni e le strategie commerciali delle varie imprese».

Ruenza Santandrea, Presidente Gruppo Cevico, ha invece posto l'attenzione sui rischi che possono derivare da un'eccessiva dipendenza dai mercati internazionali: «L'export è una grande opportunità, ma non è tutto rose e fiori. Al di fuori di mercati consolidati da decenni, i nuovi mercati sono soggetti a continue variabili tali da comportare enormi differenze da un anno all'altro».

Riccardo Ricci Curbastro, Presidente Federdop, sembra avere le idee chiare su quali debbano essere gli obiettivi e le linee direttrici da perseguire: «Prioritario è l'abbattimento delle barriere di accesso al mercato, generate da politiche doganali molto restrittive. Per esempio , la Cina ha dazi pari al 20% del valore del prodotto, Iva sui consumi pari al 17% ed altre tasse».

«Anche l'India applica dazi pari al 150% - ha concluso il Presidente di Federdop - impedendo di fatto la penetrazione da parte dei nostri produttori; infine il Giappone applica dei dazi pari al 20% cui si aggiungono altre barriere di carattere non tariffario».

Cesare Aldesino

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