L'ITALIA DELLE MERAVIGLIE, LA REGGIA DI CASERTA

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Carlo III di Borbone, re di Napoli, non aveva in sostanza una vera sua reggia e riteneva che la famiglia reale avesse bisogno di quiete e di aria salubre per la propria salute e che Caserta, da lui ben conosciuta nella frequentazione di numerose battute di caccia nella zona, fosse l'unico sito adatto.

Pertanto volle realizzare a Caserta la residenza che gli mancava e, con essa, il vecchio sogno ambizioso dei suoi avi: una costruzione che ricordasse quella di Versailles, ma che si presentasse ancora più sfarzosa, ampia, deliziosa.

Pur con le interruzioni e i cambiamenti di rotta che la storia ha voluto assegnare ai tempi di costruzione della Reggia, essa divenne una splendida realtà, tanto da essere inserita dal comitato dell'Unesco tra i siti "Patrimonio dell'umanità" unitamente al Parco della Reggia, all'Acquedotto carolino e al Complesso monumentale del Belvedere di San Leucio.

Il 20 gennaio 1752, il re Carlo III e la giovane regina Maria Amalia di Sassonia - alla presenza del vescovo di Caserta, la corte, i reggimenti schierati lungo il perimetro della futura reggia, mentre i cannoni sparavano a salve - gettarono medaglie d'oro e d'argento nella fossa simbolica delle fondamenta della Reggia di Caserta.

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Subito dopo gratificarono l'architetto Luigi Vanvitelli con 100 scudi e il martello e la cucchiara d'argento con cui le Loro Maestà avevano coperto di calce la prima pietra della costruzione. L'evento è ricordato dal dipinto di Maldarelli sul soffitto della sala del trono.

I numeri che caratterizzano la costruzione sono: 253 metri di facciata e 242 metri di fianchi; 1.217 stanze e 1.898 finestre; quattro cortili di rappresentanza ciascuno di 74X52 m, che servono anche da prese d'aria e di luce.

Il sotterraneo è profondo 46 metri; 36 scale di disimpegno, compreso lo scalone d'onore che ha 146 scalini; 83 ettari di parco; fino a 3.005 gli addetti ai lavori del complesso fra il 1752 il 1799.

L'intera fabbrica, la cui costruzione iniziò nel giugno di quell'anno, seguì abbastanza fedelmente il disegno vanvitelliano, mentre non furono realizzate strade, palazzi e chiese previste per la futura città di Caserta.

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Visita degli appartamenti reali
L'imponente mole della Reggia è preceduta dalla Piazza Carlo III, un'ampia piazza ellittica abbellita da aiuole.

Essa é delimitata a Est e a Ovest da due ampie costruzioni che ripetono l'andamento del colonnato della basilica di San Pietro in Roma. In esse furono acquartierati alcuni reggimenti del regno borbonico.

Dal cancello centrale del Palazzo Reale si entra nel vasto atrio da cui inizia la lunga galleria a tre navate che va fino al cancello del parco. Le navate laterali si aprono sui quattro cortili.

La navata centrale è detta "il cannocchiale" per la sua somiglianza con detto apparecchio ottico e la visione che attraverso di esso si ha dell'asse centrale del parco con le sue cascate e il "torrione" che le sovrasta tutte e dalla cui base sgorga l'acqua che alimenta cascate, cascatelle, vasche e laghetti.

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A metà del "cannocchiale" c'è il vestibolo inferiore, che è il centro del piano terra; insieme al vestibolo superiore, a cui è collegato con lo Scalone d'onore, rivela subito la genialità e perfezione dell'architettura vanvitelliana.

Lo scalone d'onore ha 116 gradini, è ornato di due leoni di marmo bianco e, sul fondale del pianerottolo, ha tre statue: al centro la Maestà, a sinistra il Merito, a destra la Verità.

La doppia volta ellittica è di grande effetto anche perché all'interno di essa trovavano posto i musici per salutare lietamente il re e i suoi ospiti in occasione dei ricevimenti .

Al termine si entra nel vestibolo superiore, con a sinistra l'ingresso agli appartamenti reali, di fronte l'ingresso alla Cappella Palatina (vedi dopo) e alla destra la balaustra da cui si ha una meravigliosa visione.

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Dall'alto, dello scalone d'onore e un completo godimento del fondale del pianerottolo dello scalone d'onore con la possibilità... di conversare con le statue della Maestà, del Merito e della Verità.

Si entra finalmente negli appartamenti reali, che sono composti da una parte settecentesca e una ottocentesca, rispettivamente a sinistra e a destra della "Sala di Alessandro" a cui si giunge dopo aver attraversato la "Sala degli alabardieri" e la "Sala delle guardie del corpo".

La Sala di Alessandro fu usata da sala del trono da Gioacchino Murat. Questa sala ha, a sinistra, l'ingresso alla mostra dei lavori che formano la Collezione Terrae Motus, eseguiti da più di settanta artisti internazionali sollecitati da Lucio Amelio dopo le devastazioni del terremoto del 1980.

A destra della "Sala di Alessandro" si apre l'Appartamento nuovo, così detto per essere stato realizzato nella prima metà dell'Ottocento. Esso abbonda di ori e stucchi e lo stile Impero domina su tutto, anche se non sempre in maniera armonica.

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In esso Ferdinando II volle la Sala del Trono che, nella volta, ha il già menzionato affresco di Maldarelli commemorante la posa della prima pietra della Reggia. Segue l'appartamento del Re, sistemato già in parte da Murat.

Segue, dopo la camera da letto di Ferdinando II con il bellissimo bagno di marmo bianco, l'appartamento murattiano che termina con l'Oratorio, cappella privata.

L'appartamento vecchio è invece alla sinistra della sala di Alessandro e fu curata da Carlo Vanvitelli dal 1779 al 1790 con una schiera di artisti che seppero ben interpretare ed esprimere l'arte dell'arredo meridionale con grazia ed eleganza.

Si attraversano le eleganti Sala della Primavera, con le tele di Hackert, la Sala d'estate, quella dell'autunno e quella dell'inverno affrescate da Fischetti, lo studio di Ferdinando IV e il Salottino del Re e così di seguito fino alle sale della Biblioteca con le due sale di lettura.

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La biblioteca
La biblioteca della Reggia fu curata da Maria Carolina, poi arricchita di volumi da Ferdinando II. Essa comprende più di 10mila volumi di arte, scienza, filosofia, storia, diritto rilegati in veste sontuosa e collocati in grossi armadi decorati d'epoca.

Dalle sale di lettura della biblioteca si passa alla sala ellittica dove è allestito il Presepe reale ricco di pastori e di animali del '700 e dell' '800, alcuni eseguiti da noti artisti.

Più volte i suoi pezzi sono stati trafugati, a volte ritrovati, in tutto on in parte. Quindi anche quello attualmente allestito è una ricostruzione di quello che fu costruito per Ferdinando II.

Si passa poi in una serie di sale con dipinti del secolo XVIII e XIX riguardanti fatti e personaggi del tempo.
Al termine di dette sale si esce, scendendo una scala, sul pianerottolo dello scalone d'onore.

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Il Teatro di Corte
I lavori erano stati iniziati il 1757, ma erano andati a rilento, perché il Vanvitelli, fra la reggia e l'acquedotto, era preso da un vortice di impegni e di responsabilità.

Solo nel 1768 il Vanvitelli riprese i lavori per il teatro, completando le rifiniture, le decorazioni, l'arco scenico, le quinte, i fondali e l'illuminazione.

II teatro, a forma circolare e arricchito di 12 stupende colonne, ha 42 palchetti su 5 file. I palchi sono decorati con festoni, putti e mascheroni; stemmi e allegorie varie sono dipinti nell'arco scenico e nella volta.

Fu realizzato anche un sistema di porte perché lo stesso parco potesse diventare lo sfondo del palcoscenico.

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Nel 1769 il teatro entrò funzione con spettacoli che impegnarono poi il periodo del carnevale di ogni anno, nelle gaie e spensierate stagioni teatrali imposte per tradizione dai regnanti napoletani.

Il Museo dell'Opera
È una sezione didattica, introduttiva alla visita al monumento, ed è anche la scoperta di un'altra Reggia, quella sotterranea.

Nelle sue sale si passa in rassegna lo sviluppo del territorio dall'epoca pre-romana fino ai nostri giorni. Inoltre è illustrato il percorso dell'acquedotto carolino; sono mostrati schizzi, disegni e modelli approntati per la realizzazione del Palazzo reale; è illustrata la famiglia reale con ritratti e dagherrotipi.

Notevole è poi il tratto di necropoli venuta alla luce durante i lavori del 1990: le sette tombe a cassa di tufo con relative suppellettili e pochi resti ossei, lasciati in situ, sono databili alla seconda metà del IV secolo a.C. È proprio da vedere.

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La Cappella Palatina
Ha una sola navata, con abside semicircolare e volta a botte riccamente lavorata a cassettoni. Sopra l'ingresso è la tribuna reale.

I lavori per la reale cappella si svolsero dal 1757 al 1789, impegnando, pertanto, anche Carlo Vanvitelli. Colonne binate furono collocate sulle logge laterali alle quali giungeva luce da due ordini di finestre.

Su alcune delle colonne sono ben visibili i danni subiti da essa e dall'intera cappella durante la Seconda guerra mondiale.

È rimasta intatta la tela dell'"Immacolata" di Giuseppe Bonito, che sovrasta il modello in legno del mai realizzato ciborio in pietre dure.

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