Fabio Baldassare, l'Unico

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Ha raggiunto vette altissime con la sua cucina e non solo. Fabio Baldassarre del ristorante Unico di Milano, posto al ventesimo piano di un grattacielo modernissimo, offre ai suoi clienti non solo piatti prelibati, frutto di ricerca e semplicità, ma anche la massima trasparenza in cucina con un tavolo dorato posto al centro del bellissimo ristorante, da cui si vede tutta la città.

Baldassarre nasce 42 anni fa a Morrea, una frazione del comune di San Vincenzo in provincia dell'Aquila, in una famiglia con la passione per la buona tavola dove tutto quello che si mangiava era autoprodotto. Giovanissimo decide di fare il cuoco perché è un lavoro libero e creativo che permette di conoscere molto persone e di girare il mondo. A 14 anni si iscrive alla scuola alberghiera di Anzio, vicino Roma.

Il suo primo lavoro è nel bar gastronomia Rosati di Roma vicino a piazzale Clodio. «Ho avuto la fortuna di iniziare in un posto dove guadagnavo 3 milioni di lire, moltissimo per un ragazzo come me. Ma quello che più veniva apprezzata era la grandissima disponibilità, unita all'educazione e al rispetto per le persone».

Passa poi all'ambasciata tedesca a Roma, dove pur guadagnando molto capisce che voleva fare altro: lavorare bene puntando alla qualità. All'ambasciata tedesca un vecchio chef di Villa Santa Maria, dove ha sede la storica scuola alberghiera, la prima al mondo di cucina e unica fino al 1800.

Una scuola che ha dato cuochi eccellenti a tutto il mondo. Un vecchio chef che aveva alle spalle ben 17 generazioni di cuochi e che custodiva ricette dell'800. «La sua cucina era caratterizzata da un tocco elegante, ma dal sapore netto e buono - ricorda Baldassarre -.

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Questo chef è stato come un padre per me: se un bambino per crescere ha bisogno di carezze, di favole e di storie; anche in cucina ci vuole un padre putativo che ti accarezzi e ti sappia punire quando sbagli ma che sappia dirti anche bravo».

Dopo l'ambasciata gli tocca il servizio militare che assolve in cucina, presso l'Albergo militare Pio IX, una sorta di cinque stelle per ufficiali e alti gradi. Riesce anche a essere il primo militare che sciopera per il troppo lavoro: doveva gestire circa 400 persone a ranghi ridotti.

Tornato alla vita civile, nel '91 ha una breve esperienza a Grottaferrata in un piccolo ristorante di pesce, dove entra in contatto con alcune persone giapponesi che lo portano a lavorare nel primo ristorante nipponico della capitale, e il secondo in Italia.

Lavora così a stretto contatto con uno chef giapponese e impara l'arte del sushi. La prima esperienza fuori dai confini nazionali è a Salisburgo in Austria, dove capisce cosa può nascere dall'unione fra il genio italico e la precisione teutonica.

Nel '94, rientrato in Italia per il matrimonio del fratello, viene a sapere da un amico che all'Hotel Cavalieri Hilton "La Pergola" di Roma stanno cercando un cuoco italiano. Fa un colloquio in tedesco misto allo spagnolo con Heinz Beck, da poco arrivato in Italia.

«Io devo prendere due stelle Michelin» gli confessa il grande chef- . «Io all'epoca – dice candidamente Baldassare - non sapevo neanche cosa fossero le stelle Michelin».

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Inizia così per Fabio Baldassarre un sodalizio quinquennale con Heinz Beck, diventandone presto sous-chef. «Ho vissuto con lui l'apertura del ristorante – racconta lo chef abruzzese - ed è stata per me, allora 22enne, una bellissima esperienza: cinque anni stando in Italia e vivendo come uno straniero, unico italiano dello staff, l'unico che ha resistito. Mi ha insegnato la caparbietà di crederci e la pazienza di aprire un ristorante, di non avere paura».

Dopo quest'esperienza, inizia un percorso di approfondimento e formazione presso i migliori chef del Nord Europa: prima in Germania, da Heinz Winkler, e poi in Inghilterra da Raymond Blanc, tra i più importanti chef della scena internazionale.

Tornato in Italia nel 1999, dopo essere stato chef-patron di un ristorante di tradizione romana per un anno, gli viene proposto di diventare chef executive de "L'altro Mastai". Baldassarre è ormai maturo per una cucina tutta sua, caratterizzata dalla scelta degli ingredienti e per la cura di ogni dettaglio. Nel 2005 a conclusione di questo percorso giunge la prestigiosa stella Michelin.

Nel 2010 decide di cominciare una nuova esperienza a Milano, dove si trasferisce per inaugurare il suo nuovo ristorante Unico. Un posto che parla di lui: è al 20° piano di un grattacielo moderno, perché lui le vette in cucina le raggiunge ormai da anni, ma anche perché ha scelto la trasparenza con i suoi clienti.

Attraverso una grande vetrata che la divide dalla sala si può vedere la cucina. Un vero palcoscenico sul quale lo chef Fabio Baldassarre e la sua equipe diventano gli attori di una golosa performance. A fianco della cucina c'è un tavolo per i fortunati ospiti che possono assistere a tutte le preparazioni, cogliendo aromi, gusti e segreti.

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«In questa esperienza di Milano, dove sono da un anno e mezzo, ho portato tutto me stesso - dice soddisfatto Baldassarre -. Una nuova avventura e una scommessa per me essere qui, praticamente in una periferia. Anche cambiando città sono rimasto me stesso: non mi sono adattato alle mode».

Ha deciso per una cucina di contrasto, fra ingredienti che si bilanciano a vicenda, dove c'è il pesce, ma anche la cacciagione, di cui è innamorato, insieme ad altra carne.

«Milano mi ha dato il coraggio di fare un passo indietro nella semplicità – spiega ancora lo chef- : oggi non mi spaventa fare un piatto di spaghetti. Prima non dico di essere stato costretto alla ricerca continua, ma la giovinezza ti induce a scoprire cose nuove. Oggi cerco più in me stesso, per rimanere me stesso».

Ne risulta una cucina chiara e semplice con sapori netti, che il palato a volte sa riconoscere subito, a volte è necessario più tempo. Una cucina che fa ritornare i clienti che amano provare e rigustare gli stessi piatti per scoprirvi sempre qualcosa di nuovo.

«All'Unico sono riuscito a creare un ambiente personalizzato – conclude orgoglioso Baldassarre - che vivo come un mio club dove vengono degli amici».

Rosita Dorigo

Unico Restaurant
Viale Achille Papa 30,
20149, Milano
Grattacielo WJC Ultimo Piano
Tel. +39 0239261025
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LA RICETTA DEL PIACERE
CACIO-E-PEPE300SPAGHETTI  CACIO E PEPE CON PORRI E TARTUFO NERO
Ingredienti per 4 persone:
Per la crema di porri:
200 gr di porri
150 gr di brodo vegetale
30 gr di guanciale di maiale
Olio extra vergine d'oliva
Sale e pepe bianco qb.
Pulire i porri e tagliarli a fette sottili.In una pentola riscaldare l'olio, aggiungere il guanciale di maiale ,a seguire il porro tagliato a rondelle e far tostare.

Bagnare con il brodo vegetale, condire con sale e pepe macinato fresco e lasciare cuocere a fuoco
medio per circa 10 minuti. Frullare i porri in un mixer, con dell'olio extra vergine d'oliva e correggere di sale.

Per gli spaghetti:
320 gr spaghetti
120 gr di pecorino romano
8 gr di pepe nero pestato
Olio extra vergine d'oliva

In una padella riscaldare il pepe nero pestato grossolanamente con l'olio extra vergine d'oliva. Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolarli e porli nella padella con il pepe.

Aggiungere dell'acqua di cottura ritirare dal fuoco e mantecare con del pecorino romano grattugiato in modo che si formi la caratteristica "cremina" e lo spaghetto risulti ben legato.

Per completare:
crema di porri
5gr di tartufo nero
Porre alla base del piatto la crema di porri , adagiare un nido di spaghetti al cacio e pepe e qualche lamella di tartufo nero.

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