STEFANIA SANDRELLI, SENZA SEGRETI

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Flòrida e Otello sembrano i nomi inventati di un melodramma italiano, invece sono i nomi veri della mamma e del papà di Stefania Sandrelli, che nasce a Viareggio, città simbolo dell'estate e del Carnevale, nello stesso momento storico in cui l'Italia abbandona la Monarchia e diventa Repubblica. Da piccola, Stefania sogna di studiare ballo e musica, di andare a Genova alla scuola del maestro Ugo Dallara. Ma adora il cinema, tanto che si camuffa da grande per poter entrare nelle sale che danno film per adulti e quindi finisce per fare l'attrice nei filmini a 8mm che gira il fratello Sergio.

Predestinazione
Il 1961 è l'anno della svolta, sia sul piano professionale che su quello privato. Stefania ha appena 15 anni quando incontra il primo grande amore della sua vita, Gino Paoli. Subito dopo, Stefania incontra anche il primo grande regista della sua carriera, Pietro Germi, che la chiama a Roma per un provino dopo aver visto una sua foto su "Le Ore", un settimanale all'epoca non ancora scandalistico. A scattargliela è Paolo Costa, un fotografo romano che passava da Viareggio. Ma Germi fa passare due mesi prima di decidere e Stefania partecipa ad altri due film: "Gioventù di notte" di Mario Sequi, che quindi diventa il suo primo film in assoluto, e "Il Federale" di Luciano Salce. Germi se la prende, ma poi non se la sente di rinunciare a lei e la convoca per le riprese di "Divorzio all'italiana".

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Ed è subito Oscar, anche se solo per la miglior sceneggiatura. Nel 1964, con "Sedotta e Abbandonata", sempre di Germi, Stefania si afferma del tutto come attrice. Come ragazza, invece, vive forse il suo periodo più tormentato. Il rapporto con Paoli comincia ad incrinarsi. Lei giù in Sicilia a girare, lui su al Nord a cantare, si sentono solo per telefono e litigano in continuazione. Paoli non regge oltre e una notte, forse annebbiato dall'alcol, si spara un colpo di pistola che fortunata-mente si ferma poco prima di raggiungere il cuore. Stefania si precipita al suo capezzale e tra i due scoppia di nuovo la pace, che si consolida l'anno successivo con la nascita di Amanda. "Il Conformista" è il film che la lancia anche sul piano internazionale. Nel privato, invece, dopo la separazione definitiva con Paoli, avvenuta nel 1968, Stefania sposa Nicky Pende, aitante e sportivo frequentatore della vita notturna romana, e nel 1974 da alla luce il secondo figlio, Vito. Nello stesso anno, con "C'eravamo tanto amati" di Ettore Scola, Stefania aggiunge un altro straordinario ritratto di donna alla sua già vasta galleria di personaggi femminili, che si arricchisce ulteriormente negli anni successivi.

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Tra questi, indimenticabile resta quello di Donatella in un film del 1976: "Quelle strane Occasioni". È un film a episodi, ma quello girato da Stefania, una ragazza romana irresistibilmente sexy che resta chiusa in ascensore con un Monsignore (Alberto Sordi), è un brano da antologia della Commedia all'italiana. A riprova della sua duttilità di attrice, nello stesso anno Stefania abbandona i panni della giuliva coatta romana e in "Novecento" di Bertolucci diventa Anita Furlan, maestrina socialista emblema politico delle rivolte contadine. Qui, durante le riprese del film, ha una breve liaison d'amore con Gerard Depardieu, suo compagno di lavoro insieme a De Niro, che manda all'aria definitivamente il suo già traballante matrimonio con Nicky Pende. Tutto però avviene sotto gli occhi di un terzo uomo che in seguito entrerà in maniera preponderante nella vita di Stefania: Giovanni Soldati, figlio dello scrittore Mario, ma ora giovane assistente alla regia di Bertolucci, segretamente innamorato della bella quanto irraggiungibile attrice.

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Dopo "Novecento" la trionfale ascesa di Stefania, molto impegnata tra l'altro ad occuparsi dei due figli, ha come un appannamento. Ma sono anni bui anche per l'Italia in genere e il cinema ne subisce i riflessi. Stefania lavora sempre tanto, sia in Italia che in Francia, ma in film quasi sempre corali che non esaltano le sue grandi doti di attrice. Incerta è anche la sua vita sentimentale, anche se Stefania per temperamento vive sempre intensamente tutte le sue storie, sia quella con lo scultore abruzzese Mario Ceroli, sia quelle meno impegnative con un giovane produttore francese, Humbert Balsan, e con Dodo Bertolli, un suo vecchio amico d' infanzia. Sul piano professionale, invece, l'anno del rilancio è il 1983 con un film che fa molto discutere: "La Chiave", di Tinto Brass. Stefania non è più la Donatella dell'episodio in ascensore e lo sa benissimo, ma accetta ugualmente la sfida. Si concede alla macchina da presa senza falsi pudori, vincendola alla grande: la carica erotica che sprigiona il suo corpo e la sensualità che riesce ad esprimere con il volto sono ancora intatte. Gli spettatori di sesso maschile gradiscono e corrono ad affollare le sale.

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L'evento straordinario è che anche le signore, solitamente pronte ad arricciare il naso di fronte al nudo femminile, corrono a vedere il film. Non poteva essere diversamente: Stefania, oltre ad essere una grande attrice, è anche una donna naturalmente trasgressiva. E quest'autenticità la gente la percepisce e l'apprezza. Il 1983 è anche l'anno della svolta sul piano sentimentale. Giovanni Soldati, che non ha mai smesso di amarla, fa carte false per averla nel cast de I Racconti del Maresciallo, lo sceneggiato televisivo tratto dal romanzo del padre con cui debutta nella regia, e durante la preparazione rompe definitivamente gli indugi e si dichiara. Stefania si lascia conquistare e tra i due si instaura un solido legame che dura tutt'ora. "La Chiave", intanto, oltre a fare scalpore, ha anche sbancato al botteghino e la filmografia di Stefania torna nuovamente a infittirsi di titoli firmati da vecchi e nuovi registi che se la contendono. Fra questi Odorisio ("Magic Moment"), Steno ("Mi faccia causa"), Quaregna ("Una donna allo specchio"), Giuseppe Bertolucci ("Segreti Segreti"), Lizzani ("Mamma Ebe"), Monicelli ("Speriamo che sia Femmina"), Soldati ("La Sposa Americana"), Pál Gábor ("La Sposa era Bellissima").

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Terminata l'onda lunga de "La Chiave", Stefania cambia ancora registro. Smette l'ingombrante corredo di reggicalze e vestagliette del cinema "alla Brass" e si cala nei panni dimessi della moglie tradita e della madre affaccendata: "La Famiglia" di Bertolucci, "Mignon è partita" della Archibugi ed "Evelina e i suoi figli" di Livia Giampalmo. Ma a distanza di qualche anno, siamo già ai primi anni 90, in "Prosciutto Prosciutto" di Bigas Luna (Leone D'Argento al Festival di Venezia del 1992) si ripropone ancora in un ritratto femminile trasgressivo ed erotico, competendo alla pari con altre due bellezze latine: la morbosa Penélope Cruz e la prorompente Anna Galiena. È l'ennesima prova che Stefania può affrontare qualsiasi personaggio, essere di volta in volta bambina, moglie, amante, oggetto del desiderio, femminista, madre, vittima, carnefice, disinvolta, inibita, frivola e passionale. Ed è l'unica, tra le attrici italiane e straniere, a poterselo permettere, quasi avesse stabilito una sorta di interazione continua tra lei e il cinema, nel senso che lei si adatta perfettamente ai personaggi che il cinema le chiede e il cinema costruisce personaggi che si adattano sempre più alle sue caratteristiche.

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Un'attrice proteiforme, dunque, capace con la sua personalità e il suo carattere di infondere umanità, spessore e credibilità a personaggi anche di puro contorno o appena abbozzati. La sua forza quindi non è solo quella di portare gente al cinema, ma di garantire agli autori un valore aggiunto inestimabile: il talento, che nel caso di Stefania ha qualcosa di inspiegabile e di inconsapevole. Ecco perché sceneggiatori e registi, di chiara fama o esordienti, fanno di tutto per averla nei loro film, anche solo per una partecipazione. Lei, generosa e appassionata del suo mestiere, si concede e dal 1993 a oggi impreziosisce con la sua presenza le opere dei registi più significativi. Da Giovanni Veronesi ("Per Amore Solo per Amore") a Muccino ("L'ultimo Bacio"), passando per l'Archibugi ("Con gli occhi chiusi"), Bertolucci ("Io ballo da sola"), Cristina Comencini ("Matrimoni"), Scola ("La Cena"), Bigas Luna ("Volaverunt") e Marco Bechis ("Figli"). Nello stesso periodo, quasi a volersi mettere alla prova, Stefania si cimenta per la prima volta anche in teatro interpretando con successo "Le Faremo Tanto Male" (1993) di Pino Quartullo e "Line" (1994) del drammaturgo newyorchese Israel Horovitz.

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Come se non bastasse, arriva anche la televisione. Stefania ha già avuto due esperienze televisive, una nel 1980 con "Lulu", per la regia di Mario Missiroli, dove tra l'altro esibisce un nudo integrale ritenuto scandaloso per la tv d'allora, e un'altra nel 1984 con il già citato "I Racconti del Maresciallo" di Giovanni Soldati. Ma le nuove fiction la reclamano e Stefania, sempre pronta ad accettare nuove sfide, non si sottrae. E così si arriva ai trionfi di ascolto con "Il Maresciallo Rocca" (Prima, seconda e terza serie) e con "Il Bello delle Donne". E non è tutto. Così come nella finzione cinematografica e televisiva, anche nella vita vera Stefania è chiamata a confrontarsi con nuovi ruoli. Oltre a quello di moglie, di madre e di sorella, che già svolge egregiamente, ora deve fare anche la nonna dei due meravigliosi nipotini che prima Amanda e poi Vito le hanno dato. Lei come sempre non si sottrae e riesce a conciliare gli affetti con i numerosi impegni professionali vivendo gli uni e gli altri intensamente, ma con una semplicità e una serenità che hanno dello straordinario.Ma qual è il segreto, se c'è un segreto, per conservare la carica emotiva giusta, nonostante un vissuto così imponente, e mantenersi sempre fresca, viva, quasi intatta? Beh, un segreto Stefania ce l'ha ed è personalissimo: quello di non avere alcun segreto.

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