Rosita Dorigo, ovvero essere food designer

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Intervista a Rosita Dorigo, food designer e collaboratrice in veste di direttore iniziative editoriali nel nostro web magazine. 

Il cibo può rappresentare un valido strumento di comunicazione. Ma solo se viene creato su misura del cliente o di un evento può esercitare davvero tutto il suo potere.

Tra le nuove professioni che si stanno affermando nel settore dell'enogastronomia c'è quella del food designer, che ha proprio l'obiettivo di trasmettere un messaggio o di presentare un prodotto attraverso il cibo sulla base delle diverse situazioni ed esigenze.

La food designer Rosita Dorigo (nella foto), che proviene da una famiglia veneziana attiva da generazioni nel commercio del pesce di alta qualità ed è laureata con master in marketing, ha "inventato" questo lavoro negli anni Novanta.

Cosa fa concretamente un food designer?
Crea un prodotto sulla base di un bisogno, o viceversa. Oggi io lavoro come consulente per catering, chef, alberghi, per aziende di svariati settori nonchè produttrici di vino o alimenti e privati. 

Qual è il valore aggiunto che può dare un food designer?
Non c'è strumento di comunicazione più efficace del cibo al posto giusto nel momento giusto. È importante saperlo creare, per gusto ed estetica, su misura delle esigenze dei diversi clienti, che spaziano dalle case di moda alle gallerie d'arte, aziende di gioielleria o automobili, aziende vinicole o alimentari, oppure clienti privati, ma sempre occorre essere in linea con la loro immagine e il loro obiettivo.

La sua consulenza è anche nella ricerca degli ingredienti?
Sì certo, e poi la chimica in cucina fa miracoli: per questo è fondamentale la conoscenza della tecnica. Voglio sempre sottolineare l'mportanza di comunicare la "cultura" ovvero la conoscenza del cibo.

Lo ripete spesso anche Massimo Bottura...
Bottura è tra gli chef del mio network insieme ad altri grandi cuochi come Claudio Sadler, Giancarlo Morelli, Alfonso Iaccarino, Gennaro Esposito, Aimo e Nadia Moroni, Massimiliano Alajmo e Tano Simonato per citarne alcuni.

Ha dei progetti lavorativi futuri?
Mi piacerebbe valorizzare i sous chef perché sono il vero braccio dell'artista, che è lo chef. Oggi molto spesso i cuochi stellati sono fuori dai loro ristoranti e affidano la loro cucina ai sous chef che però restano anonimi.

Invece hanno un nome e un volto, oltre a un ruolo fondamentale, e per questo penso meriterebbero di essere conosciuti dal grande pubblico. Il vero obiettivo resta comunque e sempre quello di creare il piacere dell'approccio al cibo attraverso la cultura e lo studio dell'offerta.