RINIVIATO IL VINITALY AL 2022 DAL 10 AL 13 APRILE, UNA SCELTA DI RESPONSABILITÀ

di Giampietro Comolli

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Sarò uno dei pochi, ma ho sempre sperato che il Vinitaly non si facesse in epoca covid19 se non totalmente in sicurezza. E così saltata l'edizione 2020, ora saltiamo anche la 2021...quindi passiamo dall'edizione mitica del 2019 a una altra edizione nel 2022 che speriamo, siamo sicuri, sarà mitissima! L'annuncio ufficiale è arrivato. La 54ª edizione ci sarà dal 10 al 13 aprile 2022, mentre Opera Wine si svolgerà il 19-20 giugno 2021 in Verona. So che l'evento è cult per tanti motivi più o meno logici e più o meno legati ai risultati commerciali delle aziende. Fatto sta che è diventato negli anni un rito, come tecnico ed esperto di vini impensabile da eludere. Mi associo al commento lapidario del governatore Zaia "è tragico". Ma contatto e pandemia non possono stare insieme finché non ci sono certezze confermate e comprovate di una immunità di gregge dovuta alla vaccinazione, la più completa e più ampia possibile. 

150.000 persone in 4 giorni dentro una struttura abbastanza stretta, saluti incontri visite assaggi, ressa se dovesse piovere dentro i padiglioni... sarebbe stato un focolaio enorme con tanti stranieri o viaggiatori in transito da altri paesi... oppure tutti bloccati perché impossibilitati ad arrivare. Quindi in ogni caso un Vinitaly zoppo. Tutti rischi eccesivi da evitare. Spiace per le imprese vitivinicole italiane, spiace perché è anche impossibile poter misurare il valore di un "no vinitaly" per sostenerne l'importanza, la necessità. È risaputo che qualche volta in 40 anni (nel 2022 sarà la mia 40 a partecipazione) sono stato fortemente critico su accessi, allestimenti, spazi assaggi cibo-vino, eventi negli stand consortili e aziendali, parcheggi, viabilità, alberghi...sì è vero sono stato un po' pignolo. Addirittura ero arrivato, anni fa, a proporne la realizzazione biennale come altri grandi eventi del vino nel mondo.

Non sono neppure d'accordo con le diverse critiche avanzate in queste ultime ore sul metodo e la condotta della comunicazione dell'Ente Fiere di Verona sulla data si, o data no, di giugno di quest'anno. Osare a fare una edizione 2021 era del tutto legittimo, una speranza, un desiderio. "Una scelta di responsabilità, ancorché dolorosa", dice il presidente Maurizio Danese, a proposito della rinuncia. Certo è che il tema pandemico si sarebbe poi ripercosso anche in tantissime strutture ricettive, se fossero state aperte e in tanti ristoranti della città scaligera se autorizzati. Quindi da un lato si sarebbero ingigantiti problemi, creato diffusione, ma nello stesso tempo si sarebbero creati forti problemi di accoglienza con tutte le strutture chiuse. Un cane che si morde la coda. Ma certamente il tutto non cade come colpa su Verona Fiera. L'unico eventuale errore poteva essere stato quello di impuntarsi a non perdere una occasione di esistenza e di introiti a vantaggio di altre sedi internazionali.

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Poi per primo Prowein ha spostato tutto al 2022. Forse certe comunicazioni un po' "astringenti" degli uffici commerciali della fiera potevano essere risparmiate per l'occasione: certe perentorie date da rispettare, con una pandemia e una data ancora sub-judice, potevano essere riscritte. Molte aziende vitivinicole ci sono rimaste male e anche qualche ente regionale. C'è da rilevare che il supporto dato dal governo Conte 2 è stato molto labile per tutto il comparto fieristico nazionale, in primis sicuramente all'ente di Verona. Ribadiamo l'importanza di Vinitaly per tutto il mondo del vino italiano e non solo, ma crediamo che anche per l'ente fiera l'evento pandemico abbia fornito qualche dettaglio in più. Non crediamo neppure, come qualcuno sta dicendo, che un eventuale ulteriore cambio di programma possa porre sul tappeto qualche rischio del suo futuro a vantaggio di altri eventi europei. Certo è, come detto, che qualcosa dovrà cambiare in termine di spazi, distanze, numeri, accessi, presenze, eventi, costi aziendali perché qualche incertezza salutistica potrebbe ancora esserci in caso di "assembramento" non controllato.

Ma sono ipotesi, che possono essere totalmente campate in aria. E ce lo auguriamo. Ma una riflessione interna alla struttura probabilmente è già in atto. È anche evidente, però, che la pandemia abbia aperto un capitolo di riflessione sulle "fiere" nazionali, come in altri Paesi, come per i musei, le mostre, i teatri, i cinema, gli spettacoli in generale. Ce lo auguriamo perché l'evento negativo possa essere fautore di una razionalizzazione e riorganizzazione di tutto il sistema con una ampia e doverosa discussione sul tavolo Stato-Regioni per dare un indirizzo politico chiaro in quanto quasi tutti gli enti fiera italiani sono soprattutto a capitale pubblico totale o maggioritario. Sono enti che necessitano di interventi finanziari ed economici pubblici. Quindi se da un lato è presto ribadito il principio della "bontà del brand Vinitaly" e quindi anche della manifestazione principale e originaria, è altrettanto vero che già da anni l'ente fiera si è trasformato da venditore di plateatico a veicolo promozionale e modello all'estero.

Ecco questa è la via maestra della riforma di tanti enti fiera, almeno quelli più grandi e titolari di un brand alto del made in Italy: una funzione attrattiva del territorio ospitante la manifestazione o di un prodotto altamente qualificato dall'estero (moda, cibo, nautica, ecc..) e una funzione di ambasciatore e biglietto da visita itinerante nel mondo anche per promuovere la sede eventistica. In tal senso anche un Vinitaly itinerante in Italia non sarebbe da sottovalutare nello stesso anno solare almeno al centro e al sud Italia o in un anno alternato, collaborando con altri enti fieristici. In questa ipotesi altri enti fieristici ospitanti possono collaborare nel giro nel mondo del brand Vinitaly. Più collaborazione reale, più condivisione di un asset strategico "paese" e nessun consociativismo. Questa può essere la matrice che può attivare ulteriore e maggiore consenso, sostegno e supporto di enti Regione e Stato.

Vinitaly può farsi carico di una proposta intelligente, non dico di scendere dal piedistallo o a più miti obiettivi, anzi esattamente il contrario ma con un passo diverso. L'Italia del Cibo&Vino non ha una sua Sopexa francese, non ha vetrine e scaffali della grande distribuzione come altri paesi fissi nel mondo, ma si può creare qualcosa di "temporary" molto simile e utile. Da qui il consiglio che la 54 edizione sia veramente innovativa, digitalizzata, tecnologica, mirata, aperta, dinamica mantenendo durata e tempistica, forse con qualche contenimento dei costi. Per questo resto dell'idea che è meglio un solo grande evento e grande unico brand di visibilità e notorietà internazionale in giro per il mondo piuttosto che doppioni o mezzi doppioni, in più anche dettati da autoreferenzialità geopolitica e da geo appartenenza. Spero che la pandemia attivi qualche riflessione su riforma della spesa, riorganizzazione, riordino mentale e programmatico anche negli enti fieristici. Per il bene del #belpaese e non tanto e non solo per il #vinoitalia.